BOTTA & RISPOSTA
a cura di Diego Pastorino
Cosa pensate del problema dei maxicompensi ai manager che magari hanno portato al fallimento la loro azienda o quasi?… E’ giusto un intervento limitativo da parte dei governi, o viola il libero mercato?
È una questione che ha risvolti etici e morali, ma anche economici e di mercato, pur senza essere decisiva in termini di cifre in gioco; ed è molto importante rispetto a come questa crisi viene gestita e al consenso del quale i governi hanno bisogno.
È però spesso una questione malposta, perchè ad esempio non si capisce come mai dovrebbe riguardare solo i manager bancari…
Alessandro Aldrovandi: Ritengo che non debbano essere fissati dei “tetti” da non superare e che il compenso possa essere proporzionato alle dimensione dell’azienda e alla responsabilità che comporta prendere decisioni su quei numeri. Il punto essenziale è stabilire quali possano essere i parametri da utilizzare per calcolare il compenso. A mio parere, questi parametri dovrebbero riguardare alcune delle principali voci di bilancio (non prese singolarmente, ma analizzate in modo organico e articolato), valutate alla fine di ogni anno e rapportate al budget-obiettivo aziendale.
Faccio un esempio: se nell’esercizio 2008, l’utile netto è cresciuto almeno del x%, il Mol ha rappresentato almeno il y% del fatturato, gli investimenti hanno rappresentato almeno il z% del circolante, il fatturato non si discostato negativamente dal budget del w%, ecc., allora il compenso sarà di Tot.
In questo modo, nessuna voce di bilancio è manipolabile singolarmente, ma sono collegate fra loro in modo armonico, sono tutte certificate , e non dipendono dai corsi di Borsa: nel bene e nel male.
E’ ovvio, che dove ci sono aiuti statali o agevolazioni di altro tipo, il premio per il manager dovrà essere proporzionalmente inferiore.
Nulla osta affinchè tutta o parte della retribuzione possa consistere in Stock option, ma escluderei certamente la cattiva abitudine, per le società quotate, di legare i compensi dei manager alla performance del titolo in Borsa.
Così come sono da vietare, per legge o autoregolamentazione, eventuali “contratti privati” tra gli azionisti di controllo e manager, che prevedono, in casi di cessazione del rapporto, cospicue buoneuscite e dichiarazioni di manleva (che impediscono le azioni di responsabilità, rivalse e risarcimenti eventuali).
Più che sui compensi dei manager, mi soffermerei maggiormente sulla loro qualità e sulla loro permanenza ai vertici di una azienda. Fino agli anni ’80, anche le grandi multinazionali avevano l’abitudine di mantenere il management anche per 10-15 anni, dando loro il tempo per lavorare con lungimiranti e coerenti strategie di lungo termine. Dopodichè, al di là della congiuntura di quel momento, il bonus economico era meritato ed era già stato ampiamente ripagato.
Da una ventina d’anni a questa parte, invece, i manager si avvicendano dopo appena qualche anno, massimizzando i risultati di breve per ottenere i migliori bonus possibili (e talvolta nascondendo la polvere sotto il tappeto) e andarsi a rivendere al altre aziende con compensi maggiorati. Pertanto, più che il compenso vero e proprio, credo che sia questo generalizzato modello di comportamento a penalizzare le aziende, e sopratutto i piccoli azionisti che non hanno voce in capitolo su queste nomine.